Perché partire per una missione di volontariato internazionale in Perù?
“All the people living in, living in the world today Reunited by our love, reunited by our pain All the things that I’ve done and I’ve seen Still I don’t know, don’t know what it means
And anywhere you go, you’ll see People are just like you and me”
Partire per una missione di volontariato significa contribuire maniera concerta a migliorare il mondo.
Ci pensiamo tutti, prima a poi, sommersi dalle tragedie che affliggono la nostra terra e che dalla televisione entrano nelle nostre case. Vorremo fare qualcosa, ma cosa? Donare, è un buon inizio.
Io sono socia di Greenpeace e Medici senza frontiere e sono fiera di dare il mio piccolo contributo per aiutare la mia terra e i miei fratelli. Un’altra opzione è fare volontariato sul territorio, ci sono tanti programmi che includono la salvaguardia ambientale, la protezione animali e i servizi sociali. Infine, c’è la possibilità di andare all’estero, per un periodo di tempo che può variare da un paio di settimane ad alcuni mesi. Io ho scelto di recarmi in Perù per un mese, ospite della ONG Kay Pacha, come insegnante di meditazione e yoga. Non mentirò, ci vuole tanto coraggio per compiere una scelta simile. Partire vuol dire prendersi un’aspettativa dal lavoro o lasciarlo. Vuol dire compiere un sacrificio economico e personale. Spesso vuol dire combattere contro una famiglia che non comprende le tue scelte Rinunciare a tutte le comodità che diamo per scontato, come fare una doccia calda.
Perché partire allora?
Perché, se la terra chiama noi rispondiamo. È una chiamata che arriva direttamente all’anima, non si può ignorare.
Perché la persona che tornerà a casa sarà diversa da quella che è partita. Più consapevole del mondo in cui vive, avrà visto con i suoi occhi la desolazione della povertà, la miseria delle persone, la sofferenza che lo circonda e che non ha mai voluto vedere.
Le sue priorità saranno diverse, si è abituato a vivere con poco e a compiere sacrifici, la corsa alla ricchezza non gli importa più.
Ha messo da parte il suo ego per aiutare gli altri, ora è più equilibrato e avverte in lui una nuova energia. È più forte, è stato messo alla prova dalle malattie, dagli eventi naturali, dagli incidenti e dalla criminalità. Le sfide quotidiane non lo spaventano più perché sa di poterle superare. Ha sperimentato un nuovo modo di vivere, conosciuto persone che hanno ampliato i suoi orizzonti e aperto il suo cuore. Tutte queste nuove esperienze sono legna che alimenta un nuovo fuoco. Ha scoperto cose che prima non sapeva, imparato lezioni importanti. È cresciuto a livello personale, emotivo e spirituale.
A questo punto la mia domanda è: perché non partire?
La mia esperienza di volontariato in Perù mi ha dato tanto, lavorare con i bambini è stata un’esperienza meravigliosa.
Ogni giorno arrivata a scuola correvano ad abbracciarmi, nelle prime ore facevamo lezioni di inglese e in seguito yoga.
È stato importante per me comprendere meglio come vivono questi bambini e le loro difficoltà quotidiane, insegnare loro come volersi bene, come usare l’immaginazione per rendere più bella la propria vita. Un altro progetto in cui credo molto è stato il corso che ho tenuto agli insegnanti della scuola pubblica. Insegnare a loro le tecniche base per la meditazione vuol dire dargli strumenti adeguati a fare fronte a stress, depressione, ansia e altri problemi legati all’infanzia e all’adolescenza. Iniziare ogni giornata scolastica facendo yoga per ritrovare l’armonia interiore, meditare per cercare la pace e ringraziare per quello che si ha.
Se questo metodo si applicasse a tutte le scuole, ci sarebbe un cambiamento globale di enorme importanza. Per ora, abbiamo iniziato.
La cosa più bella è che c’è ancora domani.
Vanessa Gessi
Progetti di volontriato in Perù
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